lunedì 13 aprile 2009

Giro solitario...

Eh, già. E' brutto saper che la Domenica sarai tutto il giorno impegnato coi parenti. E' ancor più brutto sapere che Lunedì di Pasquetta sarà una bella giornata, ma tu sarai chiuso come un topo in laboratorio. E' ancor più brutto, infine, sapere che devi per forza uscire il Sabato, da solo, se non vuoi saltare la bici. E' una schifezza poi costatare che fuori... pioviggina sottile. Con questi pensieri esco, mantellina, e scruto il cielo. Parto, e subito a Pontelungo incrocio Cesco che torna da Destro. L'umore non è il massimo, ma vedo già un miglioramento in lui. Peccato, oggi potevamo uscire insieme. Un saluto e via, verso Pavia. A Zeccone le pozzanghere cominciano a farmi tirar su troppa acqua. Mi chiedo cosa sto facendo. Ha senso? A san Genesio l'asfalto è più asciutto. Bene. Al rotondone di Pavia il primo dilemma. Argine e giro corto, o Oltrepò? Vada per quest'ultimo. Se devo prendere acqua, pazienza. E' buio all'orizzonte, ma tiene. Peccato, nessuno va nella mia direzione. Tutto solo fino a Broni, dove sento ancora gocce di pioggia. Si torna indietro? Proviamo ad addentrarci, e vediamo come butta. Infilo la Valle Scuropasso speranzoso. Vengo premiato: infatti incrocio qualche ciclista che mi grida che il Carmine è asciutto. Vado sù regolare, adesso capisco che forse la giornata sarà lunga, e mi conviene fare economia di energie. Non dò retta a due scalatori che mi passano agili, il mio cammino è lungo. Al ristorante, l'idea: giù per la diga, Caminata e Nibbiano, per prendermi una piccola rivincita: casa Bazzarri viene spianata con la "tradizionale 39". E' un osso duro, ed il 27 sta su dal primo all'ultimo metro. Però è fatta. Che soddisfazione. Sosta alla fontana, benedetta fontane, e pranzo con due pezzi di focaccia casalinga della Dony. Sono le 13:00. Il sole fà capolino su Caselle, la discesa al bivio per Romagnese è veloce come al solito. Lo è ancor di più il tratto verso Pometo. L'ultima volta qui con i ragazzi si volava a 50 orari. Io sono solo, meglio non esagerare. E' sempre un piacere però sgasare un pò, quando lo stradone ti si apre davanti. Giunto a Pometo si risale, con calma, ed al primo bivio vado per Casteggio. Torre degli Alberi, Fortunago. Sì, c'ero stato con gli altri la settimana prima, ed ora mi concedo il bis. Sosta per mangiare l'unica banana superstite. Ho finito tutte le scorte, e casa è ancora così lontana. Mentre mastico seduto davanti alla chiesetta (saranno 10 metri quadri di chiesa, incredibile!), l'orrore: ho il copertone posteriore completamente aperto per circa 50/60 cm, longitudinalmente. Rimane esposta la carcassa sotto. Soluzione rapida: mi infilo nella chiesetta, recito un Ave Maria, e chiedo una benedizione fino a casa. Funzionerà. Lo consiglio vivamente a tutti, per il futuro. Un pò preoccupato riparto, e perdo quota fino a Montebello, quindi verso Casteggio. Le gambe sono ancora buone, il tempo si è aperto. Ora devo solo contare sulle mie gambe, per arrivare a casa, e sperare di non sentire brutti rumori "dietro". Supero il Pò, su quel ponte osceno che tutti ben conosciamo, ed alle porte di Pavia, con una buona media, comincio a sentirmi vuoto. Un euro per un arancio da un fruttivendolo ambulante non mi sembra speso male, in quest'occasione, tanto che ne spendo un altro subito: pancia piena, e via dentro Pavia. La Vigentina non riserva sorprese, il vento è clemente: se non aiuta, almeno non è d'ostacolo. A Pontelungo finisco tutto ciò che ho. 155 km. Da solo. Ma perchè l'ho fatto? Mah, non so. Sotto la doccia riprendo vita, ma sarà solo la sera dopo cena che comincerò a riprendermi. Spiegatemi perchè accadono queste cose, per favore, perchè io a volte non mi capisco.
Marco

1 commento:

  1. Bella Picozz, come ti ho già detto mi è dispiaciuto tantissimo non venire con te,ma Sabato la mia spalla risentiva ancora troppo della caduta.
    E poi....che c'è da spiegare, certe cose succedono perchè sei ciclista dentro, e ad un bivio decidi sempre per la strada più difficile, quella che allunga un po' il giro, forse perchè è un momento di libertà che si vuole protrarre il più possibile, che va conquistata km dopo km, perchè la libertà costa fatica, e nella fatica entri in contatto con te stesso, devi gestirti, devi riconoscere i tuoi limiti, sei solo e non puoi mentire a te stesso, devi essere sincero, perchè se non ce la fai, nessuno ti aiuta, a casa ci devi tornare da solo.
    E quando finisce e appoggi la bicicletta al muro, sei soddisfatto e sai di aver vissuto qualcosa di tuo, solamente tuo, con cui ti sei messo a dura prova, però........qualcosa di bello.
    Oppure.........sei un coglione, ma chi non lo è stato?

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